mercoledì 7 giugno 2017

Racconto di Parto n. 28

Il racconto di parto di oggi è della mamma blogger Silvia Ilnidodellenuvole, mia amica e collaboratrice nel MAM





Ecco il suo racconto di parto:

Quando aspetti il secondo figlio, c’è una frase che ti ripetono tutti sin dall’inizio della gravidanza, una sorta di ritornello benaugurante nel quale alla fine cominci a credere davvero: “Vedrai che il parto sarà molto più facile della prima volta!”. E così, se ti avevano annunciato che il parto del tanto atteso primogenito avrebbe comportato un’attesa di ore dall’alba al tramonto, il secondogenito sarebbe dovuto invece arrivare alla stessa velocità del Frecciarossa.

Sappiate invece che non è così, non è affatto la realtà!


racconto di parto di Silvia Ilnidodellenuvole
Fonte @ilnidodellenuvole


Sarà che il parto di Alice è stato uno dei più veloci e lineari della storia: dopo un paio d’ore di blande contrazioni, arrivo in ospedale all’una di notte passata e prima dell’alba avevo la mia piccolina tra le braccia. Ho impiegato quasi più tempo a trovare parcheggio che a partorire…

Certo ci sono stati dei momenti da ricordare: come ad esempio il monitoraggio durato quasi due ore che segnalava calma piatta (mentre io deliravo per le contrazioni … eccome se si facevano sentire!); oppure la scena di mio marito che riceve i documenti da firmare con i nostri dati personali e subito gli vengono strappati di mano perché la nostra piccola stava spingendo per uscire. Ma nulla faceva presagire quello che sarebbe successo il giorno della nascita di Laetitia.

Era domenica mattina, una giornata che avevamo previsto bella densa di impegni, per questo la sveglia sarebbe dovuta suonare molto presto. Ma io sono riuscita ad anticiparla, aprendo gli occhi e sentendomi come se mi avessero gettato addosso un secchio d’acqua: si erano rotte le acque. Il liquido era limpido e così abbiamo accompagnato la sorellona dai nonni e poi ci siamo avviati verso il pronto soccorso dell’ospedale, convinti (o almeno io lo ero) che entro due o massimo tre ore la piccola Laetitia sarebbe arrivata. E invece si è fatta attendere, per più di dieci ore.

Ore che per fortuna ho passato camminando per i corridoi del reparto di ostetricia dell’ospedale (in camera non potevo stare, con la mia vicina di letto, poverina, che continuava a lamentarsi per i dolori causati dall’induzione, facendomi venire alquanta ansia), finché nel pomeriggio comincio a sentire qualche dolorino. Almeno io, che devo sempre recitare la parte della donna impavida e senza dolori, li definivo così, invece mio marito mi ha guardata in faccia ed ha deciso di chiamare l’ostetrica per il monitoraggio con una certa sollecitudine.

Sempre mio marito ha capito quando era arrivato il momento di andare in sala parto – forse perché ho rifiutato di mangiare la cena … sì, credo sia proprio per questo motivo – ed una volta entrata in quella stanza, le contrazioni sono incrementate, fino alla frequenza di una ogni due o tre minuti.

Quando era nata Alice, fresca fresca di esercitazioni del corso pre-parto, avevo trovato grande sollievo negli esercizi di respirazione. Inspiravo, l’aria entrava in me, diventava parte di me, il dolore si scioglieva nell’aria, e poi se ne andava col fiato. E credetemi aveva funzionato (nonostante fossi molto scettica a riguardo). Con Laetitia ci ho provato, ma ha funzionato solo per i primi cinque minuti.

E allora come combattere il dolore delle contrazioni? Urlando? Imprecando? Facendomi fare un’anestesia totale? No, cantando! E così per un’oretta e mezza circa ho intonato arie d’opera (Nessun dorma, nessun dorma…), inscenato musical (Notre Dame de Paris, rigorosamente in francese), ma in particolar modo cantato canzoni di chiesa, imparate nei lunghi anni passati nella corale della parrocchia. Con qualche modifica, naturalmente … E quando mio marito cercava di canticchiare a sua volta qualcosa, ecco, sì lì partivano gli insulti: stavo partorendo io, mica poteva togliermi la scena!

Poi finalmente è arrivata la mia microbetta. E’ arrivata perché è praticamente uscita da sola mentre io facevo di tutto per non spingere, seguendo le indicazioni dell’ostetrica. Ma lei aveva deciso di nascere, forse perché stanca di sentire la mia ugola d’oro “placcato”…

Perciò ricordate: durante la gravidanza, oltre al corso di yoga, ai massaggi, alla piscina… Infilateci anche un paio di ore di lezioni di canto… Potrebbero essere molto utili!

Post scriptum: I parti delle due mie figlie sono stati molto diversi tra loro, ma hanno avuto un punto in comune fondamentale: la presenza del loro papà. Che e stato fondamentale, affiancandomi, capendo in anticipo i miei bisogni, tenendomi la mano e sopportandomi anche nei momenti finali più duri… Che dire, se non grazie papà!

Io ringrazio Silvia per aver accettato di condividere con noi, la sua esperienza di parto!
Se anche voi volete condividere la vostra esperienza di parto, potete mandarmi il vostro racconto via e-mail a: da.mamma.a.mamma2012@gmail.com.
Leggi anche tutti gli altri racconti qui: Racconti di parto

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